L'OLIMPO DEGLI DEI A FROSINONE
L’OLIMPO DEGLI DEI A FROSINONE
di Elena Dandini
Di Gioachino Rossini
è stato detto tutto e il contrario di tutto per la complessità della sua
figura, sospesa tra storia e aneddotica : enfant prodige, ipocondriaco,
umorale, collerico, soggetto a crisi depressive, ma anche gioviale, gran
gourmet,” cuoco “raffinato, tombeur de femmes. Il Cigno di Pesaro fu,
essenzialmente, il genio musicale che dominò, in Europa, nel primo Ottocento
con una produzione operistica vastissima
e di velocissima stesura . Figlio di un’epoca in pieno subbuglio e rinnovamento
fu, egli stesso, il primo rinnovatore della forma operistica specie nel genere
dell’opera buffa. I suoi successi
gettarono nell’oblio il mondo operistico di Paisiello e di Cimarosa ,che
egli apprezzava grandemente ; Bellini e Donizetti crearono un loro stile personale, ma lavorando
all’ombra di Rossini e finchè Verdi non si liberò dai suoi “anni di galera”,
Rossini non fu sostituito al centro del mondo operistico italiano. Appassionato
studioso di Mozart e Haydn, tanto da ricevere dai suoi compagni del Liceo
musicale bolognese l’appellativo di
tedeschino, comincia a muovere i primi passi teatrali tra il 1808 -1809 a
soli diciassette anni.
Ed è proprio l’Ouverture
de La scala di seta, un’opera buffa
giovanile, a dare l’incipit al terzo appuntamento musicale della Stagione Classica di Frosinone. L'operina,
in un atto, appartiene al gruppo di cinque farse che Rossini scrisse per il
Teatro San Moisè di Venezia (le altre sono: L 'inganno felice, Il signor
Bruschino, La cambiale di matrimonio e L'occasione fa il ladro). La scala di
seta andò in scena il 9 maggio 1812 con discreto successo, ma dopo un limitato
numero di repliche e di riprese in teatri minori scomparve totalmente dal
repertorio, per essere ripresa soltanto nel secondo Dopoguerra. L’Ouverture dell'opera, invece, rimase un
pezzo molto frequentato del repertorio sinfonico , di breve durata, solo sette
minuti. Dopo un inizio, melodicamente pacato, diventa trascinante, effervescente , nello stile già
tipico di Rossini fatto di invenzioni
stilistiche tra cui il crescendo suo inequivocabile marchio
riconoscitivo.
Dopo il Cigno di Pesaro,
è la volta di F. J. Haydn e della sua “rivendicazione sindacale” in
musica, perché tale è la sua Sinfonia “Gli addii” (1772) n°45 in fa
diesis minore. Al servizio, come Maestro
di Cappella, del Principe Nicolaus
Esterhàzy , detto “il Magnifico”, ebbe a
disposizione un’ottima orchestra per
l’esecuzione delle sue composizioni sinfoniche, cameristiche, per l’allestimento di opere italiane, la
messa in scena di drammi teatrali e per la musica sacra. Ogni estate il
Principe si trasferiva nella sua residenza di
Esterhaza, in Ungheria, un palazzo di 126 stanze , ampi saloni, teatro
di corte ed ettari di parco nello stile che richiamava i fasti barocchi di
Versailles. Per tutto il periodo del soggiorno gli orchestrali e Haydn
restavano a disposizione del
“Magnifico”, quindi lontano dalle loro famiglie. In quell’estate del 1772 il
soggiorno estivo si stava protraendo oltremodo, tra la nostalgia ed il
malcontento generale. Così “papà Haydn”,
com’era chiamato dai suoi musicisti, trovò la soluzione più elegante ed
esplicita per far comprendere al Principe che era l’ora di ritornare a
Vienna e cosa meglio della musica per
lanciare un messaggio scritto solo con le note?
Nacque così la Sinfonia degli addii, nella tonalità in fa diesis minore
così inusuale per le orecchie esperte
del Principe, tutta permeata nella sua costruzione musicale di stranezze timbriche e melodiche atte a trasmettere un senso di sofferenza ,
riconoscibile soprattutto nei
“singhiozzi” dei violini ( Adagio), che
raggiungerà il suo acme nel finale veloce, intenso, ritmico, dove accade
l’impensabile… nell’adagio finale, infatti,
gli strumentisti, ad uno ad uno, iniziando dai fiati, si congedano dopo un breve “solo” spegnendo la
candela del proprio leggio. Così la scena e la sonorità dell’adagio si svuotano
lasciando, per ultimi, i due violini (Luigi Tomasini e lo stesso Haydn) quasi
al buio. Esterhàzy comprende, finalmente, attraverso questa geniale invenzione
musicale del suo Kapell meister , che è tempo di ripartire ordinando
l’immediato rientro a casa. Se c’è stato un genio assoluto ed universale questi è W.A.
Mozart, una vera divinità nell’olimpo musicale non solo settecentesco. La sua
vita breve ( morì a 35 anni)
fu , però, intensa a partire dai viaggi che compì, fin da bambino, in
lungo e largo attraverso l’Europa, per le sue passioni per il gentil sesso, per
le sue ribellioni verso il potere dei nobili (famoso il contrasto con il
Principe Arcivescovo Colloredo), per la sua affermazione di “libero
professionista” della musica svincolato da padroni blasonati, per la sua
affiliazione alla Massoneria e per la grande rivoluzione che compì in ambito
compositivo di cui lascia ricordo R. Wagner: « Mozart infuse negli strumenti il
nostalgico afflato della voce umana per la quale nutriva uno specialissimo
amore…». Come per tutti i geni assoluti non esiste una precisa collocazione temporale
della musica di Mozart , infatti fu un
inesauribile assimilatore di tutte le mode, gli stili del far musica del suo secolo e ogni genere venne da lui
trasfigurato in una nuova forma che ne rappresentò la sintesi. In lui convivono
lo stile “galante” del settecento denominato poi come “classicismo” fino ai
pròdromi del “ romanticismo” avvertibili nel sublime Requiem o nel finale così
drammatico e teso del “Don Giovanni”.
La Sinfonia n. 41 in
Do maggiore K 551 l’ultima composta da Mozart (1788), ultima anche nel
programma della serata, non a caso è
conosciuta come Jupiter per il suo carattere grandioso ,divino e permeato da
una profonda malinconia antesignana di quella che sarà la caratteristica del
Romanticismo.
L’Orchestra Sinfonica
del Conservatorio “L. Refice” di
Frosinone , ha dimostrato questa sera di aver raggiunto un buon grado di maturità sotto la direzione energica e coinvolgente del M° Giorgio Proietti, titolare di cattedra
di Direzione d'orchestra nel suddetto Conservatorio e con un curriculum vitae
di altissimo livello, avendo svolto i suoi corsi di perfezionamento con il “
gotha” della direzione orchestrale: Leonard Bernstein, Gustav Kuhn, Wolfang
Sawallisch e Carlo Maria Giulini.
La solita scarsa presenza di pubblico è stata, però,
ampiamente compensata dai calorosi e prolungati applausi dei presenti. Il
percorso intrapreso per il rilancio
musicale di Frosinone è ancora lungo, ma finchè ci saranno la volontà e la
tenacia ai vertici dell’organizzazione
si può sperare in un futuro sicuramente migliore.
1 Commenti:
La foto è stata gentilmente concessa dal M° Daniele Palermini
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