giovedì 14 aprile 2016

IL GRANDE TEATRO DI EDUARDO AL NIDO DELL'ANGELO




Dopo alcuni mesi di silenzio rigenerante, torna la parola, quella del teatro di Eduardo De Filippo, al Nido dell’Angelo di Luca Mauceri e Giovanni Valle. Una serata in cui la voce di Napoli si è fatta sentire in tutte le sue sfumature, come lo è la città del Vesuvio: comica, drammatica, strafottente, farsesca, malinconica, tenera, “ mariuola”. Una serata affollata quella di ieri,  dove i soliti amici si sono amalgamati ai nuovi nella condivisione del bello, tipica della casa di Via Amendola a Frosinone. Una trentina di persone sedute in ogni dove anche per terra su cuscini in attesa di vivere la poesia, la musica, il teatro e l’amicizia. Luca Mauceri ne è stato il mattatore per circa due ore, incarnando la napoletanità di Eduardo e la sua profonda e famosa filosofia del vivere. Prima di alzare  il “sipario”, l’accensione di rito della candela-faro a illuminare il viaggio dei presenti, in questo caso, tra i vicoli e i rioni della città partenopea. Attore e musicista, Mauceri, ha ormai intrapreso una brillante carriera artistica che lo vede sulla ribalta di importanti teatri come Il Piccolo di Milano, il Teatro Gobetti di Torino, il Teatro della Tosse di Genova e il Teatro Nuova Foce Studio di Lugano. Dal 2003 collabora stabilmente con il Teatro dei Sensibili di G. Ceronetti. Attore versatile, coinvolgente, ma anche pianista e compositore di colonne sonore per il teatro, per video immagini, per istallazioni artistiche.  Ha al suo attivo sei dischi ( LUNARIA, TERRA MATTA, SULLE ROTTE DEL SOGNO, DICERIA DELL’UNTORE, SECRETS, ROMENA, editi dalla Ema Records Firenze e  dalla Valle Giovanni Ed. Mus.). Spente le luci, accese le candele, sparse ovunque, davanti a un nero leggio illuminato ecco Pulcinella , anzi Pulicenella, che rivive nella poesia (1949) di Eduardo De Filippo ”…Pulicenella sapite chi è? …perepè, perepè, perepè…”  Da Pulcinella all’ubriaco con  “E allora bevo” sintesi dell’ “Hic et Nunc”. E’ la celebrazione del teatro di Eduardo, protagonista assoluto della serata. Lo stesso De Filippo scrisse “L’Arte della Commedia” , opera facente parte della raccolta CANTATA DEI GIORNI DISPARI, che a Napoli hanno valenza negativa, sono quelli difficili del dopoguerra; Luca ne ha recitato  il prologo, affine nei contenuti al pensiero pirandelliano…”In teatro la suprema verità è stata, è  e sarà sempre suprema finzione”. Dopo le parole, le note quelle di “ Napul’ è” del compianto Pino Daniele, cantate e suonate al piano da Luca che ha reso omaggio ad un’ altra grande icona napoletana anche con “Voglio o’ mar” e “ Tu dimmi quando, quando”.  Appena all’inizio di una ancor lunga carrellata di testi tutti vissuti intensamente dall’attore e dal pubblico in uno scambio emozionale che è continuato con due poesie sempre di Eduardo: “A’mbrugliata”, amara considerazione che i tempi moderni sono come una matassa imbrogliata che nessuno ha interesse  di sbrogliare  e  “L’Imputata” scritta nel 1973 in occasione del colera di Napoli, l’imputata è la cozza, o meglio ‘a cozzeca, altro sonetto di denuncia che fu pubblicato all’epoca su L’Unità e in cui De Filippo immaginava la cozza subire un processo per aver causato il morbo. Al magistrato che l’accusa la “cozzeca” risponde, a sua discolpa, di mangiare quello che le arriva dell’esterno…la merda! Il clou della performance è stato in assoluto il lungo monologo “De Pretore Vincenzo”, tema centrale è quello della giustizia e della “delinquenza” giovanile causata dall’ignoranza e dalla fame. Problematiche sociali che stavano particolarmente a cuore al grande attore. Diventato senatore a vita s’impegnò per i giovani conosciuti al Filangeri  di Napoli ( istituto di rieducazione minorile), devolvendo i guadagni delle sue recite. Non mancano note di tenerezza, con le poesie dedicate alla sorella Titina (1966) , al mare e all’amore, concludendo con “Io vulesse truvà pace”, dove la pace non è quella eterna, ma suprema aspirazione nella vita terrena , senza più gli affanni del quotidiano come in un’eterna primavera. Instancabile, Mauceri, come a teatro, per i lunghi applausi, ha concesso il bis con la poesia “A B C D”, ricordo affettuoso e malinconico dell’infanzia quando si era tutti uguali anche nella “calligrafia”.  Il consiglio del cronista, innamorata da sempre del  suo teatro , è di andare a rileggerne i  testi datati, sì, ma sempre di estrema attualità per riviverne le emozioni e per far rivivere un grandissimo attore che ha reso grande non solo la sua Napoli, ma tutta l’Italia!