venerdì 5 giugno 2015

ULTIMO CONCERTO DELLA STAGIONE CLASSICA DI FROSINONE




Con il concerto di ieri sera si è conclusa la STAGIONE DI MUSICA CLASSICA 2015 della Città di Frosinone, con un programma che prevedeva Rossini e Beethoven. Una lunga carrellata partita il 19 febbraio  in cui si sono avvicendati nomi importanti della musica nazionale ed internazionale: Luis Bacalov,  Simonide Braconi,  Sesto Quatrini,  Flavio Emilio Scogna e Giorgio Proietti “padrone di casa”. Proietti pare particolarmente affezionato a Rossini, poiché anche nell’ultimo appuntamento lo ha proposto attraverso l’Ouverture da La Gazza Ladra, brano celeberrimo sempre di gran richiamo.  La prima rappresentazione dell’opera ebbe luogo a Milano, nell'ambito della stagione di primavera del Teatro alla Scala, il 31 maggio 1817. L'opera, un tempo famosissima, viene oggi rappresentata raramente, memorabile rimane l'edizione del 1989 a Pesaro, protagonisti Katia Ricciarelli, William Matteuzzi , Samuel Ramey , Ferruccio Furlanetto , Bernadette Manca di Nissa diretti da Gianluigi Gelmetti.
Seconda Ouverture della serata quella dall’Egmont di Beethoven, una musica di scena scritta, fra l'ottobre 1809 e il giugno 1810 , per l'opera omonima di Johann Wolfgang von Goethe. Soggetto dell'opera è l'eroica storia del conte di Egmont, che sacrificò la propria vita per manifestare il suo attaccamento alla patria olandese in occasione della repressione spagnola attuata dal duca d'Alba nel 1568. L'eroismo ed il sacrificio del conte sono messi bene in rilievo dalla musica di Beethoven, che fu apprezzata grandemente dallo stesso Goethe che ne elogiò la geniale capacità di aderire perfettamente allo spirito del suo testo.
In conclusione sempre Beethoven, in sostituzione della prevista seconda sinfonia di Schumann, con la Sinfonia n°5 in Do Minore op. 67 .  Ben quattro anni impiegò il Maestro di Bonn a dare la veste definitiva a questa Sinfonia, attraverso rifacimenti e innumerevoli ritorni . Dedicata al principe Lobkowitz e al conte Rasumowsky, si colloca tra il 1804 il 1808, anche se l'anno della sua stesura definitiva è il 1807. Fin dalle prime esecuzioni l'opera suscitò l'entusiasmo della critica più incline alla nuova sensibilità romantica. Composta da quattro movimenti ( Allegro con brio, Andante con moto, Scherzo- Allegro, Allegro-Presto) è  forse la più eseguita e la più universalmente conosciuta delle nove sinfonie, considerata il paradigma del sinfonismo beethoveniano nel senso che nessuna altra opera presenta le caratteristiche del linguaggio di Beethoven con altrettanta chiarezza e concisione, è un Beethoven titanico, quello della Quinta, ma è anche un Beethoven più asciutto e meno enfatico rispetto a quello dell'Eroica. “Ecco il destino che batte alla porta” una tradizione degna di fede vuole che Beethoven si sia cosi espresso riferendosi all'attacco della Sinfonia formato di quattro note lapidarie e scultoree  ed è un destino contro cui Beethoven lotta e su cui vince, la vittoria, cioè dell’intelletto e della ragione. Un’altra bella prova dell’Orchestra Sinfonica del Conservatorio “L. Refice” guidata in modo energico e trascinante dal suo Direttore Giorgio Proietti.  Le sinergie del sindaco Ottaviani e del direttore del Conservatorio, Ramunto, hanno dato vita a questa bella stagione concertistica che ci auguriamo prosegua anche il prossimo anno, come ha garantito nel suo discorso di saluto l’assessore alla cultura Avv. Fabrizi,  in un “crescendo rossiniano”, tanto per rimanere in tema, di maggiori presenze da parte del pubblico e di importanti artisti come quelli che abbiamo avuto l’occasione di conoscere ed apprezzare in questi mesi di Grande Musica, buon lavoro, dunque e “ad maiora”!

lunedì 1 giugno 2015

FLAVIO EMILIO SCOGNA E IL SUO DIVINO PERGOLESI





GIOVAN BATTISTA PERGOLESI
LA SERVA PADRONA
SALVE REGINA
Federico Benetti – Angela Nisi
I Solisti Liriensi
FLAVIO EMILIO SCOGNA
Edizioni Tactus


Una parabola compositiva , quella di Giovan Battista Draghi “Pergolesi”, brevissima, appena cinque anni, tenendo presente che morì appena ventiseienne ( Jesi  1710- Pozzuoli 1736), ma  che ha lasciato un forte segno nella musica non solo del Settecento. LA SERVA PADRONA rappresentata la prima volta a Napoli, Teatro San Bartolomeo, il 28 agosto 1733, superò in successo l’opera “Il prigionier superbo” per la quale era stata scritta,  come intermezzo buffo in due atti,  e apparve subito come una rivelazione folgorante che scatenò, dopo la sua esecuzione parigina del 1752, la “Querelle  des  bouffons”  fra i sostenitori dell'opera tradizionale francese, incarnata dallo stile di Jean-Baptiste Lully e Jean-Philippe Rameau, e i sostenitori della nuova opera buffa italiana fra cui alcuni enciclopedisti  in particolare Jean Jacques Rousseau, anch'egli compositore. Dalla metà del Settecento La serva padrona è stata considerata la madre di tutto il teatro comico in musica. La sua fortuna è sicuramente legata anche alla modernità del libretto (Gennarantonio Federico)  che affronta episodi di vita comune quotidiana prendendo le distanze dai  soggetti mitologici tanto in voga nel XVIII° secolo. Pergolesi ha caratterizzato i suoi personaggi con fine psicologia attraverso un linguaggio musicale di grande incisività basato su frasi ritmico-melodiche brevi  di grande freschezza e vivacità in perfetta simbiosi con le invenzioni  del testo, una tra tutte, la dichiarazione d’amore “onomatopeica”  (“Per te ho io nel core il martellin d'amore che mi percuote ognor. Deh! senti il tippitì… Lo sento, è vero, sì, tu senti il tappatà…” ) tra i due protagonisti Serpina e Uberto. La lettura di Scogna mette in evidenza questa freschezza compositiva ponendo maggiormente l’accento sulla partitura  più che sulla caratterizzazione caricaturale dei personaggi, donando all’esecuzione un ampio respiro quasi mozartiano ( “Sono imbrogliato io già”) con un’attentissima e certosina lettura filologica. Nel 1735 Pergolesi ricevette  un posto ufficiale nella cappella regia, quale organista soprannumerario e forse per essa, compose l'ultimo dei suoi due Salve Regina quello in do minore,  più vicino cronologicamente e stilisticamente allo Stabat Mater , suo capolavoro,  rispetto a quello in la minore. L’uso della tonalità minore ne caratterizza la connotazione dolente, non preghiera gioiosa  quindi, ma canto melanconico  e commosso che fonde teatro e religione nel linguaggio tipico di Pergolesi , non legato a cliché, in cui la musica prevale  in tutta la sua bellezza ed eleganza sui generi affrontati, siano essi  sacri o profani.  La stessa eleganza che ha FLAVIO EMILIO SCOGNA nell’affrontare queste due composizioni, con una particolare cura nei  recitativi e una forte attenzione al testo supportato da un ricco continuo (cembalo, viola da gamba e tiorba), alla guida de I SOLISTI LIRIENSI , di ANGELA NISI (soprano) e FEDERICO BENETTI ( basso) nella perfetta registrazione del cd della TACTUS. Un gioiello da acquistare per impreziosire ulteriormente il patrimonio musicale di ognuno di noi.