sabato 28 marzo 2015

http://orecchiodidioniso.blogspot.it/2015/03/una-triade-immortale-per-la-stagione.html#more

martedì 24 marzo 2015

http://www.lsdmagazine.com/non-invecchia-mai-il-mercante-di-venezia-e-convince-lopera-con-giorgio-albertazzi-al-teatro-nestor-di-frosinone/21581/

martedì 10 marzo 2015

Il Visitatore Haber e Boni a Frosinone

http://www.lsdmagazine.com/il-teatro-che-spettacolo-convince-al-nestor-di-frosinone-la-piece-di-alessandro-haber-e-alessio-boni/21240/

sabato 7 marzo 2015

VALERIA MOLON "Armonia della Natura"

VALERIA MOLON  E L’ARMONIA DELLA NATURA
 di Elena Dandini









“La bellezza salverà il mondo” , è la citazione che ci ha lasciato in eredità nel suo romanzo “L’idiota” , un grande estimatore del Bello, Fiodor Dostoevskij.  Ma  le eredità spesso non vengono accettate, specie se sono di natura meramente spirituale e  ideologica. Questa è l’epoca della massificazione, dell’omologazione nelle sue forme più ineleganti e volgari e in tutti i risvolti del vivere sia comune che superiore. Lo si riscontra ad ogni livello e in ogni settore e chi ne sta facendo maggiormente le spese è l’Arte in tutte le sue declinazioni, l’Arte, si sa, è specchio della sua epoca. C’è come un voler rincorrere l’originalità ad ogni costo e più essa è stravagante ed incomprensibile più fa notizia e sensazione fino ad acquisire, secondo certa critica, i connotati del “capolavoro”. Esempio eclatante le moderne regie liriche stravolte nel pensiero originario del compositore , chiunque fosse, che lasciava indicazioni ben precise, nelle sue partiture, di come dovessero essere eseguite, non solo musicalmente, le proprie composizioni.  Ormai le opere liriche sono ridotte a grandi” bordelli “dove  si ostentano seni e natiche “ a bella posta”.  La considerazione è solamente una “tutto è stato già detto e a tale livello di perfezione che pochi possono reggere il confronto”!  Anche la pittura non è da meno e l'aspetto che definisce meglio l'arte contemporanea è la difficoltà di definirla criticamente. La pittura gode un posto di primo piano su tutte le arti, basti pensare a come il concetto stesso di "opera d'arte" (visiva) sia più spontaneamente associato a dipinti piuttosto che a sculture o opere di architettura, , essa ha un'innegabile facilità di fruizione rispetto alle altre forme artistiche. Non sempre questa facilità di fruizione e conseguente comprensione si può riscontrare negli artisti moderni, ci sono però anche le eccezioni ed una di queste si chiama Valeria Molon.  Nella rassegna L’ARTE VISIVA CONTEMPORANEA, giunta alla sua quinta edizione, curata con passione ed estrema competenza dal Prof. Alfio Borghese e che ha come scenario La Villa Comunale di Frosinone, la Molon  espone le sue opere pittoriche nella mostra  intitolata Armonia della Natura. Romana, ma frusinate di adozione, fin da bambina si è dedicata con amore e talento alla pittura (a dieci anni la sua prima mostra). Laureata in Scienze biologiche ha dovuto accantonare ,per tutto il periodo del suo insegnamento , tele e pennelli. Con l’arrivo della pensione ha potuto “rinverdire” una passione mai sopita, con partecipazioni a collettive , personali ed estemporanee. La sua pittura riconcilia “gli occhi” al bello,  specie i suoi panorami dipinti secondo le regole della  grande tradizione italiana quella del Rinascimento, come ha sottolineato Alfio Borghese nella sua introduzione al “vernissage”. L’artista pone una particolare attenzione alla luce e al colore ed i suoi quadri sono un tripudio di entrambi. Cinquanta sono le opere in visione tutte pervase da un senso di quiete rassicurante, sia negli acrilici che negli acquerelli , proiettando chi osserva  in un mondo di “Favole naturalistiche”. Valeria  Molon ha fatto tesoro dell’eredità degli impressionisti francesi  traducendola nel suo stile personalissimo  in bilico tra realtà e fantasia.  Una mostra da non perdere per chi ama ancora il bello, l’emozione , la poesia in punta di pennello.

Parafrasando Dostoevskij c’è da chiedersi : “Il mondo salverà il bello?”

venerdì 6 marzo 2015

L'OLIMPO DEGLI DEI A FROSINONE

L’OLIMPO DEGLI DEI A FROSINONE
   di   Elena Dandini


Di  Gioachino Rossini è stato detto tutto e il contrario di tutto per la complessità della sua figura, sospesa tra storia e aneddotica : enfant prodige, ipocondriaco, umorale, collerico, soggetto a crisi depressive, ma anche gioviale, gran gourmet,” cuoco “raffinato, tombeur de femmes. Il Cigno di Pesaro fu, essenzialmente, il genio musicale che dominò, in Europa, nel primo Ottocento con una produzione operistica  vastissima e di velocissima stesura . Figlio di un’epoca in pieno subbuglio e rinnovamento fu, egli stesso, il primo rinnovatore della forma operistica specie nel genere dell’opera buffa. I suoi successi  gettarono nell’oblio il mondo operistico di Paisiello e di Cimarosa ,che egli apprezzava grandemente ; Bellini e Donizetti  crearono un loro stile personale, ma lavorando all’ombra di Rossini e finchè Verdi non si liberò dai suoi “anni di galera”, Rossini non fu sostituito al centro del mondo operistico italiano. Appassionato studioso di Mozart e Haydn, tanto da ricevere dai suoi compagni del Liceo musicale bolognese l’appellativo di tedeschino, comincia a muovere i primi passi teatrali tra il 1808 -1809 a soli diciassette anni.
Ed è proprio l’Ouverture de  La scala di seta, un’opera buffa giovanile, a dare l’incipit al terzo appuntamento musicale della Stagione Classica di Frosinone. L'operina, in un atto, appartiene al gruppo di cinque farse che Rossini scrisse per il Teatro San Moisè di Venezia (le altre sono: L 'inganno felice, Il signor Bruschino, La cambiale di matrimonio e L'occasione fa il ladro). La scala di seta andò in scena il 9 maggio 1812 con discreto successo, ma dopo un limitato numero di repliche e di riprese in teatri minori scomparve totalmente dal repertorio, per essere ripresa soltanto nel secondo Dopoguerra.  L’Ouverture dell'opera, invece, rimase un pezzo molto frequentato del repertorio sinfonico , di breve durata, solo sette minuti. Dopo un inizio, melodicamente pacato, diventa  trascinante, effervescente , nello stile già tipico di Rossini fatto di invenzioni  stilistiche tra cui  il crescendo suo inequivocabile marchio riconoscitivo.

Dopo il Cigno di Pesaro,  è la volta di F. J. Haydn e della sua “rivendicazione sindacale” in musica, perché  tale è la sua Sinfonia “Gli addii” (1772) n°45 in fa diesis minore.  Al servizio, come Maestro di Cappella,  del Principe Nicolaus Esterhàzy ,  detto “il Magnifico”, ebbe a disposizione un’ottima orchestra  per l’esecuzione delle sue composizioni sinfoniche, cameristiche,  per l’allestimento di opere italiane, la messa in scena di drammi teatrali e per la musica sacra. Ogni estate il Principe si trasferiva nella sua residenza di  Esterhaza, in Ungheria, un palazzo di 126 stanze , ampi saloni, teatro di corte ed ettari di parco nello stile che richiamava i fasti barocchi di Versailles. Per tutto il periodo del soggiorno gli orchestrali e Haydn restavano a disposizione  del “Magnifico”, quindi lontano dalle loro famiglie. In quell’estate del 1772 il soggiorno estivo si stava protraendo oltremodo, tra la nostalgia ed il malcontento generale.  Così “papà Haydn”, com’era chiamato dai suoi musicisti, trovò la soluzione più elegante ed esplicita per far comprendere al Principe che era l’ora di ritornare a Vienna  e cosa meglio della musica per lanciare un messaggio scritto solo con le note?  Nacque così la Sinfonia degli addii, nella tonalità in fa diesis minore così inusuale per le orecchie esperte  del Principe, tutta permeata nella sua costruzione musicale  di stranezze timbriche e melodiche  atte a trasmettere un senso di sofferenza , riconoscibile  soprattutto nei “singhiozzi” dei violini ( Adagio),  che raggiungerà il suo acme nel finale veloce, intenso, ritmico, dove accade l’impensabile… nell’adagio finale, infatti,  gli strumentisti, ad uno ad uno, iniziando dai fiati,  si congedano dopo un breve “solo” spegnendo la candela del proprio leggio. Così la scena e la sonorità dell’adagio si svuotano lasciando, per ultimi, i due violini (Luigi Tomasini e lo stesso Haydn) quasi al buio. Esterhàzy comprende, finalmente, attraverso questa geniale invenzione musicale del suo Kapell meister , che è tempo di ripartire ordinando l’immediato rientro a casa.  Se c’è stato un genio assoluto ed universale questi  è  W.A. Mozart, una vera divinità nell’olimpo musicale non solo settecentesco. La sua vita breve  ( morì a  35 anni)  fu , però, intensa a partire dai viaggi che compì, fin da bambino, in lungo e largo attraverso l’Europa, per le sue passioni per il gentil sesso, per le sue ribellioni verso il potere dei nobili (famoso il contrasto con il Principe Arcivescovo Colloredo), per la sua affermazione di “libero professionista” della musica svincolato da padroni blasonati, per la sua affiliazione alla Massoneria e per la grande rivoluzione che compì in ambito compositivo di cui lascia ricordo R. Wagner: « Mozart infuse negli strumenti il nostalgico afflato della voce umana per la quale nutriva uno specialissimo amore…».  Come per  tutti i geni assoluti  non esiste una precisa collocazione temporale della musica di Mozart , infatti  fu un inesauribile assimilatore di tutte le mode, gli stili del far musica  del suo secolo e ogni genere venne da lui trasfigurato in una nuova forma che ne rappresentò la sintesi. In lui convivono lo stile “galante” del settecento denominato poi come “classicismo” fino ai pròdromi del “ romanticismo” avvertibili nel sublime Requiem o nel finale così drammatico e teso del “Don Giovanni”.
La Sinfonia n. 41 in Do maggiore K 551 l’ultima composta da Mozart (1788), ultima anche nel programma della serata,  non a caso è conosciuta come Jupiter per il  suo carattere grandioso ,divino e permeato da una profonda malinconia antesignana di quella che sarà la caratteristica del Romanticismo.
L’Orchestra Sinfonica del Conservatorio “L. Refice” di  Frosinone , ha dimostrato questa sera di aver raggiunto un  buon grado di maturità sotto la direzione  energica e coinvolgente del M° Giorgio Proietti, titolare di cattedra di Direzione d'orchestra nel suddetto Conservatorio e con un curriculum vitae di altissimo livello, avendo svolto i suoi corsi di perfezionamento con il “ gotha” della direzione orchestrale: Leonard Bernstein, Gustav Kuhn, Wolfang Sawallisch e Carlo Maria Giulini.
La solita scarsa presenza di pubblico è stata, però, ampiamente compensata dai calorosi e prolungati applausi dei presenti. Il percorso intrapreso  per il rilancio musicale di Frosinone è ancora lungo, ma finchè ci saranno la volontà e la tenacia  ai vertici dell’organizzazione si può sperare in un futuro sicuramente migliore.