A FROSINONE IL VINCITORE DEL PREMIO STREGA 2015
Una giornata
all’insegna della letteratura, quella di martedì 29 settembre, organizzata dal
direttore della Biblioteca Comunale di
Frosinone, Angelo D’Agostini, in sinergia con la libreria Einaudi che hanno permesso l’incontro “ La lettura esercizio della Ragione e dell’Emozione” con il Premio Strega 2015, Nicola
Lagioia. Nella mattinata, alle 10, la premiazione dei lettori più assidui
della Biblioteca e del lettore dell’anno, nel pomeriggio, alle 17, la
presentazione del libro vincitore, La
Ferocia, presso il Salone di Rappresentanza dell’Amministrazione
Provinciale. Un incontro-intervista condotto con garbo e competenza da Ilaria
Ferri, in cui l’autore ha raccontato oltre alla genesi del romanzo anche la sua
vita nei cinque anni di questa gestazione letteraria, definendosi uno scrittore
lento, ma metodico nell’approccio con la scrittura. Nato a Bari nel 1973, ha
scritto altri tre romanzi (Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj nel 2001,
Occidente per principianti nel
2004, Riportando tutto a
casa nel 2009) oltre a saggi e racconti vari. Dal 2013 ad oggi fa parte dei
selezionatori della Mostra
internazionale d'arte cinematografica di Venezia e dal 2010 conduce
periodicamente Pagina3, la rassegna quotidiana delle pagine culturali di Radio3.
Un pomeriggio non solo all’insegna della cultura, ma anche della leggerezza,
poiché Lagioia ha la piacevole capacità di parlare di letteratura e di scrittori che ne hanno fatto la storia ( Kafka, Primo Levi,
Flaubert, Elsa Morante, Thomas Mann, Dostoevskij e non solo) con toni rilassanti che hanno conquistato un uditorio
attentissimo e numeroso. La sua ironia nel narrare un matrimonio in trasferta
(Grecia) per limitare l’afflusso dei parenti baresi, la sua esperienza di
selezionatore alla Mostra del Cinema di Venezia paragonandola paradossalmente a “Morte a Venezia” di Thomas Mann, per la
poca presenza di vita nelle strade del Lido (“ un vecchietto con cane e uno
senza”) e per le giornate di “prigionia” a visionare centinaia di film. La sua
autoironia nel definire uno “svantaggio” vincere il Premio Strega poiché “ l’editore
vorrà immediatamente un altro romanzo, cosa difficilissima per chi può
impiegare anche cinque anni per scriverne solo uno”. Dall’ humor si passa alla serietà della trama
del romanzo, di quello che lo stesso autore definisce un noir, ben diverso da
un romanzo giallo dove “ il male viene dall’esterno”, nel noir, infatti, “il male è interno, è nei protagonisti della
storia” e questa storia è piena di personaggi spregevoli o che fanno cose spregevoli. Scrivere, per Lagioia, è un’urgenza, un bisogno profondo, è scoprire quello che più si
teme di portare alla luce. A differenza di quello che sosteneva Hemingway “che bisogna sempre aver vissuto ciò che si
racconta”, per lo scrittore barese “non bisogna necessariamente averlo vissuto,
bisogna però esserselo meritato, se scrivo di un assassino devo calarmi nei
suoi panni, non devo necessariamente
aver ucciso, devo andare
a recuperare l’assassino che c’è in me…esiste, ma fortunatamente è inattivo. E’ un lavoro abbastanza duro sul piano
emotivo. A questo si aggiunge un lavoro ancora più duro su lingua e struttura”. Un romanzo di grande intensità emotiva dove ai personaggi
umani si alternano quelli animali , simbolo di un ritorno “ allo stato di
natura”, di una ferocia per loro naturale, ma che per gli uomini è la
conseguenza di svariati fattori , uno dei quali la famiglia e nel caso
specifico quella dei Salvemini , un cognome scelto dall’autore per il suo valore
antifrastico. Un romanzo dal taglio cinematografico, già nell’impatto “visivo”
della scena iniziale dove la protagonista, Clara, vaga di notte, nuda e ferita
sulla statale Bari-Taranto e nei
flash-back che consentono di far continuare a vivere Clara, pur essendo morta
già “ a pagina quattro”, attraverso la vita degli altri protagonisti. Un noir
dove “l’investigatore” è Michele, il fratellastro di Clara, un personaggio
caratteriale, problematico, borderline e per questo
“portatore di verità”… di dostoevskijana memoria. Ma ne “La Ferocia” non conta sapere chi è il
colpevole , la trama è solo un pretesto per indagare, scandagliare l’animo
umano in tutte le sue controverse sfaccettature e Michele diventa, così, “ indagatore
di incubo”. Il rapporto tra i due
fratellastri richiama alla memoria le vicende dei due protagonisti di “Cime
Tempestose” (Emily Brontë), il cui legame profondo, morboso, telepatico, è più
forte della morte …una storia anche di fantasmi come l’ha definita Lagioia. Tutto
ciò ha per sfondo la Puglia, ma non quella della “pizzica” o la regione da
cartolina, ma la Puglia di Carmelo Bene, rinchiuso in manicomio dalla sua
stessa famiglia, dei palazzinari (i
Salvemini), dei bronx di Bari, Taranto, Foggia e il romanzo in questo caso,
ancor di più, ha il valore di testimonianza per "riconoscerci esseri umani" nella
nostra epoca perché solo la letteratura può raccontarlo e restituirlo.